Vincenzo Pacelli

In questi anni tormentati da crisi economica, vuoti politici e culturali, dalla sfiducia in istituzioni traballanti e sempre meno disposte ad investire nella conoscenza come chiavi del vero sviluppo morale, e quindi economico della società; in questo mondo, quindi, i cui valori morali comunitari che avevano caratterizzato i nostri avi sono travolti dall’individualismo, quando non dall’arrivismo, dal presenzialismo televisivo, dall’arricchimento illecito, sembra incredibile incontrare artisti, o per meglio dire: docenti che, come Vincenzo Sorrentino, si impegnano senza risparmio nel ruolo che con merito si sono guadagnati. Ciò fa onore al maestro Sorrentino, così come onora e rende degna di considerazione ogni persona che svolge la propria attività con passione e personalità. Sorrentino però è un artista sui generis, inattuale nel senso più positivo che possiamo attribuire a questo termine: perché egli non è un pittore nell’accezione comune, ma anche un frescante, ovvero colui che nel nostro tempo, quasi incredibilmente riesce, come pochi altri, a trovare l’energia, l’impegno intellettuale, la capacità tecnica e manuale per recuperare la più antica e nobile tecnica artistica della storia della pittura. Sorrentino riesce a fare tutto questo, a portare l’arte ancora ad un grado di sperimentalismo di grande interesse, grazie allo stretto contatto con i suoi allievi dell’Accademia, potenziali depositari e continuatori di questa preziosa eredità.
Vincenzo Pacelli
Dal testo in catalogo della mostra Sol Invictus, Villa Mascolo, Portici. 2012
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